LETTERA DALLE RETROVIE
di Franca Soglia, presidente della Cooperativa Sociale Kara Bobowski
In questa guerra contro il Covid-19, non siamo gli esperti virologi e infettivologi che in questi giorni abbiamo imparato a conoscere e ascoltare con grande attenzione.
Non siamo i politici chiamati a cruciali decisioni per il bene collettivo.
Non siamo i medici e gli infermieri in prima linea che con competenza, coraggio e dedizione sono impegnati in uno sforzo enorme per garantire a tutti le cure necessarie a far prevalere la vita.
Noi della Cooperativa Sociale Kara Bobowski siamo parte di quella moltitudine di soldati di cui nessuno parla e che ogni giorno trasgredisce il mantra #iorestoacasa. Ma la nostra è una trasgressione densa di responsabilità, perché siamo chiamati a garantire cura e assistenza a chi una casa dove stare non ce l’ha o a chi non può permettersi il rischio di rimanere solo.
Siamo l’esercito di operatori sanitari, educatori e ausiliari che operano nei centri residenziali per persone con disabilità, nelle case di riposo per anziani, nelle tante comunità di accoglienza.
Per molti siamo una truppa di invisibili. Nelle retrovie, non facciamo rumore, non ci facciamo notare, ma svolgiamo un compito allo stesso tempo semplice e immenso: garantire che tutto rimanga uguale anche se tutto è cambiato, mantenere intatto il mondo delle persone più fragili, nonostante ora la fragilità sia qualcosa di palpabile, per ognuno di noi.
In questi giorni difficili per tutti, la vita continua a scorrere anche nelle nostre comunità: La Libellula, La casa di Gaia e Alma. Sono tre case, tra le tante case italiane, anche se si tratta di famiglie un po’ speciali, certamente più numerose e movimentate della media.
Al centro La Libellula vivono 12 persone con disabilità grave, ad Alma 5 ragazze minorenni e nella Casa di Gaia 8 mamme, di cui una in attesa, e 12 bambini di età compresa tra 1 e 13 anni. Chiunque può comprendere quanto possa essere impegnativo cercare di attenersi alle regole di comportamento, specie quella che riguarda la distanza tra le persone, ma non ci scoraggiamo. Nessuno ci ha fornito le ormai celebri mascherine ma alcune ce le siamo procurate, con non poca fatica, ed andiamo avanti, giorno dopo giorno, un passo alla volta, cercando di donare normalità e serenità.
Per tutto quello che hanno sempre fatto e continuano a fare, dico GRAZIE a quelli che chiamo “le mie ragazze e i miei ragazzi”: Katia, Graziella, Valeria, Alessandra, Maria N., Fatima, Maja, Gloria V., Sabrina, Elisabetta, Arianna, Paola P., Cristina, Santina, Silvia, Paolo, Lyubov, Maria Grazia, Alice, Paola B., Eleonora, Gloria G., Alda, Jessica, Renata, Paola C., Marta M., Lucrezia, Anita, Mario, Elisabeta, Mauro, Veronica, Sergio, Maurizia, Angela, Monia, Loredana, Tetyana, Donatella, Michela M., Massimiliano, Maria M., Francesca, Michela P., Elena, Susana, Marta P., Simona, Marzia, Anna Maria.
E dico GRAZIE a tutti gli altri sparsi nelle retrovie della nostra cara Italia.
Non è facile, ma #andratuttobene anche per merito vostro.